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Gazzetta del Sud

16/10/2005

Monastero basiliano e chiesa di Santa Maria, di proprietà del Fondo edifici di culto, in concessione d'uso alla Curia Parte da Mili la sfida del turismo religioso

Dai vertici in Prefettura linfa ai sindaci del Messinese: il Viminale finanzierà gli interventi

Francesco Celi

Il tesoro che non ti aspetti. O meglio, che non conosci, almeno nel dettaglio e nella sua straordinaria portata storica e culturale. Gestito dal Fondo edifici di culto, organo dello Stato amministrato dal ministero degli Interni. Un patrimonio inestimabile, numeri da brividi: più o meno 700 edifici di culto in tutta Italia; alcune tra le chiese universalmente più conosciute, dalla basilica di Santa Croce a Firenze alla chiesa di San Paolo al Celio di Roma; 13 milioni circa di oggetti sacri posseduti tra paramenti, preziosi, reliquie, opere d'arte e dipinti: il Fec – incamerato dallo Stato nel 1861 a seguito dell'Unità d'Italia – possiede 12 dei 16 Caravaggio esistenti, tre sono esposti nel nostro Museo, il sedicesimo si può ammirare a Malta. E poi, parallelamente, un patrimonio boschivo che è risorsa non quantificabile: basti pensare alla foresta di Tarvisio, che si estende lambendo i territori di tre nazioni, Italia, Slovenia e Austria, e che diventerà presto il primo Parco europeo. Ecco, ed è la principale novità, il Fondo edifici di culto, cioé il ministero degli Interni, investirà in modo massiccio nella provincia di Messina, dove possiede tra conventi, abbazie e chiese 18 complessi religiosi, 13 dei quali monitorati costantemente dalla Soprintendenza. Lo farà inserendo nel programma degli interventi per il 2006 alcuni dei beni che la terra peloritana può vantare, dai Nebrodi alla valle dell'Alcantara, dal versante ionico alla fascia tirrenica, per finire all'arcipelago eoliano, autentico scrigno di tesori. Ieri mattina, in Arcivescovado, l'ultima tappa di una due giorni che ha visto impegnato in città il direttore centrale del Fondo per gli edifici di culto, il prefetto Francesco La Motta, accompagnato nei suoi giri d'orizzonte e nei vertici istituzionali dal sottosegretario agli Interni, Gianpiero D'Alia. Sottoscritto, con l'arcivescovo Giovanni Marra, l'atto di concessione in uso della chiesa monastero di Santa Maria in Mili, su cui il Viminale investirà ancora – ha fatto sapere il prefetto La Motta – e che è stata recentemente al centro di un prezioso intervento di rifacimento e ristrutturazione del tetto e delle murature, curato dalla Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Messina. Ieri, dunque, la firma dell'atto di concessione in uso del complesso di Mili alla Chiesa peloritana sulla scorta di una convenzione tra Stato italiano e Santa Sede: appuntamento al quale hanno preso parte, in Arcivescovado, oltre naturalmente a mons. Marra e al prefetto La Motta, il prefetto Stefano Scammacca, l'on. D'Alia, e l'arch. Caterina Di Giacomo in rappresentanza della Soprintendenza. Ed ora per il complesso basiliano edificato nell'undicesimo secolo da Ruggero d'Altavilla, il primo esempio di architettura normanna in Sicilia, si apre una nuova era: quella della fruizione costante, e dello sfruttamento, di un bene unico. Per un progetto che si incammina lungo un nuovo percorso, che porterà ad esplorare le frontiere del turismo religioso, alle nostre latitudini ancora ignote, eppure grande risorsa per altri contesti territoriali, altri cominciano a prendere forma. In Prefettura, nella giornata di venerdì, ai sindaci nei cui territorio ricadono i beni di proprietà del Fec (ne parliamo nell'articolo di “sottocentro”) il direttore centrale del Fondo, il prefetto La Motta, e il sottosegretario agli Interni, D'Alia, hanno assicurato sostegno economico perché sia possibile approntare interventi di tutela e valorizzazione dei diversi beni immobiliari. I sindaci di Alcara Li Fusi, Lipari, Milazzo, Santa Lucia del Mela, San Marco d'Alunzio, Sant'Angelo di Brolo, Forza D'Agrò, Rometta, Raccuja, San Marco D'Alunzio, San Pier Niceto e Messina (per il capoluogo era presente il commissario Sbordone), quasi non credevano alla prospettiva che andava schiudendosi davanti ai loro occhi: la possibilità di valorizzare beni storici senza dover attingere alle risorse – peraltro davvero ridotte al lumicino – locali. «Nel programma che mi appresto a stilare per le iniziative da assumere nel 2006», ha ufficializzato il prefetto La Motta, «inseriremo i finanziamenti da destinare alla valorizzazione di immobili sacri del Messinese. Mi auguro che le amministrazioni che operano sul territorio sappiano cogliere un'opportunità più unica che rara».

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