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Gazzetta del Sud

11/08/2010

Si ritrovano in ventuno con insegnanti e amici nell'ex orfanotrofio

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Tonino Battaglia

Sono stati in 21 a rispondere all'appello di Tindaro Arlotta e Rosario Genio, i due orfanelli che hanno trascorso la loro prima infanzia nell'Opera Pia "Nino Scandurra" di Rometta e si sono ritrovati, dopo 40 anni, grazie a "Festa Italiana". Arlotta e Genio adesso sono inseparabili e sono tornati a Rometta per rintracciare tutti i compagni che, negli anni '60, hanno condiviso con loro un'esperienza che, nel bene e nel male, lascia sempre un segno. Ieri mattina è stato una vero turbinio di emozioni, ricordi, facce sorridenti e occhi gonfi dalla commozione. Come quarant'anni fa, il primo ad arrivare all'ex Opera Pia, oggi sede temporanea del comune di Rometta, è il maestro Francesco Saija, oggi ultranovantenne, che non è voluto mancare all'appuntamento con i "suoi" alunni, che ha abbracciato uno per uno. Via via il capannello cresce: arrivano Rosario Duca (all'epoca il cognome era Trimarchi), che oggi vive e lavora a Milazzo; Giuseppe Sidoti, che ha appreso la notizia dalla "Gazzetta" e dalla sua Montalbano si è subito precipitato a Rometta, così come Franco Tonato da Oliveri e Salvatore Mondo da Messina. Nel cortile dell'opera pia giungono anche il dott. Gaetano Magazù, il medico che seguiva i piccoli dell'istituto e Rosa Gazzara, la "mamma" di tutti, che a ogni sua visita dispensava dolci e amore per quei bambini meno fortunati. E poi i compagni di classe di Rometta che frequentavano solo la scuola: Carmelo Saija, Stefano Insana, Maria Luisa Giordano, Maria Arnò, Antonino Venuto, Giuseppe Mondo, Livio Rofrano (oggi vive e Spadafora), Angela Mento, Telemaco Visalli, Giuseppe Mento, Rosa Maria Saija, Franca Pirrone, Concetta Priscoglio, Nunziatina Venuto, Maria Rizzo, Gianni Venuto e Maria Giordano, che fa gli onori di casa e fornisce un book fotografico d'annata dal quale emergono improvvisamente aneddoti ed episodi che sembrano accaduti ieri. Episodi che costituiranno una parte fondamentale di un libro che proprio Tindaro Arlotta sta ultimando di scrivere. «un'opera – spiega Arlotta – in cui voglio spiegare, da una parte, quale erano, e in certi casi quali sono ancora, le precarie condizioni socio-economiche che caratterizzavano la Sicilia di quegli anni e che portavano spesso all'abbandono dei figli. Dall'altra, s'intende sensibilizzare le coppie che oggi adottano dei bambini sul ruolo particolarmente difficile e delicato cui sono chiamate». Il libro sarà dedicato a Giuseppe Visalli e Antonino Mondo, due ex compagni scomparsi prematuramente. Giuseppe (Peppuccio per gli amici) in particolare è stato la molla che ha fatto scattare l'ingranaggio di questa ricerca, perché è proprio lui (insieme ai fratelli) che Tindaro cercava quando andò per la prima volta in Rai a fare il suo appello. «Un segno del destino» dicono i familiari. Ma i ricordi della vita in istituto non sono tutti piacevoli, anzi: "Le suore erano severissime – afferma Rosario Genio, che all'Opera Pia ha trascorso 7 anni – i fine settimana ci facevano lavare tutto lo stabile o ci mettevano in cucina a pelare montagne di patate, e guai a trasgredire le consegne». «Ci ho passato solo un anno ma ho un brutto ricordo» aggiunge Rosario Duca, oggi libero professionista e segretario provinciale Arcigay. Insomma, un'esperienza drammatica di tanti bambini alla prese con problemi più grosso delle loro tenere spalle, in una Sicilia amara, che speriamo sia solo soggetto di un amarcord da raccontare per non dimenticare.

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