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Rassegna Stampa
10/07/2003 |
Le lettere in cui si segnalava la pericolosità della tratta risalgono al 2000 Vennero inviate a più riprese ai vertici regionali delle FS ma solo nel maggio del 2002 venne indetta una prima riunione operativa Nuccio Anselmo Gli altri tre aspetti importanti di questa vicenda, cristallizzati nella relazione dei consulenti, sono le lettere che fin dal 2000 vennero inviate dai responsabili locali agli uffici di Catania delle FS per segnalare la pericolosità della tratta, l'esecuzione dei lavori lungo le rotaie del disastro, gli avvisi di sbandamento in quel tratto siglati da due macchinisti in transito. LE LETTERE – I periti spiegano che fino alla notte prima del disastro (quella tra il 19 e il 20 luglio 2002), erano in corso dei lavori sulla tratta ferroviaria, e questo si evince dai moduli di servizio L78 e dai rapportini FS. In particolare furono eseguite “saldature alluminotermiche” nel tratto compreso tra il km 208+728 e il km 208+980 (il cosiddetto “punto di svio” dove deragliò il convoglio è al km 209+948). Nello stesso tratto, nella notte tra il 18 e il 19 luglio, furono sostituite 7 rotaie da 36 metri ciascuna. Questa attività di manutenzione, che cominciò un mese prima, il 27 maggio, scaturiva da una serie di segnalazioni effettuate dai capi-tronco tra il 2000 e il 2002. Dei veri e propri gridi d'allarme che non furono ascoltati. Già nell'ottobre del 2000 – quindi due anni prima della tragedia! –, il capo-tronco Alfio Spina segnalò le condizioni precarie della linea nella tratta Pace del Mela-Villafranca, sollecitando interventi immediati « per garantire la sicurezza e la regolarità dell'esercizio ferroviario », evidentemente per tamponare una situazione già critica allora. Spina auspicava anche « la programmazione a breve scadenza di un intervento più consistente di revisione al binario con ricambio delle rotaie ». Dal 23 ottobre del 2000 e fino ai giorni precedenti il disastro – scrivono i consulenti –, si registrò un'articolata corrispondenza tra il capo-tronco e i suoi uffici superiori. Due date ci aiutano a capire meglio: dopo la lettera del 23 ottobre 2000 è agli atti un'altra missiva del 7 marzo 2001, in cui si allega in copia la lettera precedente e si continua... a chiedere aiuto. Scrivono i periti che «la premessa di questa lettera fa intuire che a più di un anno di distanza il capo-tronco Alfio Spina non aveva ricevuto alcuna risposta da parte degli Uffici a cui aveva indirizzato la sua corrispondenza». Nel frattempo a Spina subentrò il collega Salvatore Scaffidi, che così come il suo predecessore cominciò a scrivere ai suoi superiori chiedendo aiuto, e basta per questo un passaggio della sua lettera inviata il 21 febbraio del 2002: « si ritiene superfluo dire che l'avvenuta esecuzione di tali lavori aumenterebbe enormemente il grado di sicurezza dell'esercizio ferroviario che allo stato attuale, invece, risulta mediocre, con conseguenti possibili soggezioni alla circolazione ». «Quest'ultima affermazione – scrivono i periti –, lascia chiaramente e inequivocabilmente intuire una forte preoccupazione per le scadenti condizioni di sicurezza offerte dalla linea e, conseguentemente, l'urgenza di interventi». Qualche data in rapida successione, che fa parte della cronologia stilata dai consulenti: il 2 maggio 2002 il responsabile dell'Unità territoriale di Catania, l'ing. Conti Nibali, organizzò un incontro con i vari responsabili della tratta per pianificare i lavori; dopo un primo programma d'intervento che non prevedeva il punto del disastro, il tratto dei lavori venne esteso fino a cento metri oltre il “punto di svio”, con un incremento di spesa che passò da 212.000 euro a 320.000 euro. Ma «appare strano – scrivono i periti –, a livello procedurale, che soltanto il 25 luglio 2002, ovvero cinque giorni dopo l'incidente, il responsabile dell'Unità territoriale di Catania, l'ing. Conti Nibali, comunichi ufficialmente all'impresa (la “Esposito spa” di Caserta) il suddetto ampliamento dei lavori, riferendosi nella stessa lettera a precedenti accordi “ intercorsi per vie brevi ”». I LAVORI – Il 23 maggio 2002 vennero consegnati i lavori alla “Esposito spa” di Caserta. Lavori piuttosto complessi da eseguire fra i km 207+602 e 209+346 con un sostanziale rifacimento della tratta e sostituzione di rotaie. Per realizzarli – scrivono i periti – vengono imposti localmente dei limiti di circolazione, in termini di velocità, in attesa che vengano ripristinate le condizioni geometriche ottimali per la marcia in sicurezza. Le operazioni però diventano «abbastanza delicate» quando si deve intervenire sulle cosiddette lunghe rotaie saldate, dei tratti interi di rotaia più scorrevoli e sicuri di quelle che vengono definiti “rotaie giuntate”. Quando si interviene su una lunga rotaia saldata (l.r.s.) occorre rispettare tutta una serie di prescrizioni e accorgimenti, da cui dipende – scrivono i periti – l'efficienza dell'intero sistema e la sicurezza dell'esercizio ferroviario. In breve occorre prestare particolare attenzione agli effetti termici che sulla l.r.s. vanno affrontati e contrastati in modo totalmente diverso rispetto alla soluzione giuntata. E proprio perché gli sbalzi termici potrebbero avere conseguenze gravi secondo una circolare diramata dalle FS nel '90 «i periodi stagionali da preferirsi per l'esecuzione dei lavori al binario sono quelli non soggetti a forte calore ed a freddo intenso», il che tradotto vuol dire che non possono farsi nè d'estate nè d'inverno. «Certamente – scrivono i periti su questo punto –, il periodo di esecuzione dei lavori (giugno-luglio) e la zona geografica non favorivano certi tipi di intervento se non attraverso una serie di precauzioni cui fa riferimento la circolare delle FS». Ed ecco il nodo cruciale: in quel tratto non si tenne conto delle prescrizioni sugli sbalzi termici mentre si lavorava, non fu fatto un costante monitoraggio, quindi si raggiunse il cosiddetto “carico di punta”, che «determina condizioni di instabilità laterale del binario con conseguente pericolo di svio per i convogli in transito». E secondo i periti «questa condizione si è sicuramente verificata nel tratto di linea in cui è avvenuto l'incidente». GLI SBANDAMENTI – A supporto di questa considerazione i consulenti citano due veri e propri gridi d'allarme lanciati da due macchinisti che si trovarono a passare su quel tratto il 18 giugno del 2002 e il 28 giugno del 2002. Agli atti ci sono infatti due moduli “M40”. Ecco cosa scrivevano i macchinisti: «percorrendo la tratta all'uscita della stazione di Rometta, dopo il segnale di partenza al km 210+049, avvertivo uno sbandamento. Si avvisa di percorrere tale tratta a 30 km/h»; ed ancora «prescrivere ai treni riduzione di velocità a 60 km/h degli scambi di uscita da Rometta verso Venetico per sbandamento». Il chilometro citato dal primo macchinista, che transitò il 18 giugno, coincide con il passaggio a livello situato proprio in corrispondenza del casello poi devastato dal convoglio deragliato. |