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Rassegna Stampa
29/05/2004 |
Il disastro ferroviario di Rometta Marea Conclusa ieri l'udienza preliminare sulla sciagura del 20 luglio del 2002 che provocò la morte di otto persone In quattro rinviati a giudizio L'imprenditore Esposito e i dipendenti Fs D'Arrigo, Giannetto e Scaffidi. Prosciolto da ogni accusa Bardaro Nuccio Anselmo Si chiude con quattro rinvii a giudizio e un proscioglimento l'udienza preliminare per il disastro ferroviario di Rometta Marea. La prima pagina giudiziaria di quella sciagura, tristemente annunciata dal sinistro scricchiolio delle rotaie e avvenuta il 20 luglio del 2002, s'è conclusa ieri poco dopo le sei del pomeriggio, quando il giudice dell'udienza preliminare Alfredo Sicuro ha fatto conoscere le sue decisioni sui cinque indagati, nei confronti dei quali erano stati ipotizzati i reati di disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo. In quattro sono stati rinviati a giudizio, mentre il quinto, Filippo Bardaro, all'epoca capo settore tecnico Fs della zona di Messina, è stato prosciolto con la formula più ampia: non aver commesso il fatto. Dovranno invece sostenere il processo l'imprenditore Oscar Esposito, titolare dell'omonima impresa di Caserta che effettuò i lavori di manutenzione sulla tratta qualche mese prima del disastro; Carmelo D'Arrigo, tecnico del tronco Fs di Milazzo; Roberto Giannetto, ispettore capo Fs dell'Ufficio territoriale di Catania; Salvatore Scaffidi, responsabile del tronco lavori Fs di Milazzo. Il procedimento che li riguarda inizierà il 18 novembre prossimo, davanti ai giudici della prima sezione penale. Ci sarà però “un'appendice” dell'udienza preliminare che se chiusa ieri pomeriggio. L'8 giugno prossimo il gup Sicuro ha infatti fissato una nuova udienza per decidere sulla formazione del fascicolo del dibattimento. Si tratta cioè di tutti gli atti che dovranno formare gli incartamenti del futuro processo da celebrare. L'inchiesta condotta dal procuratore capo Luigi Croce e da sostituti Di Giorgio e Sidoti ha già collezionato ben dodici faldoni, ma il numero è destinato ad aumentare nel corso del processo. C'è un motivo ben preciso per questa nuova udienza: anche ieri i difensori hanno in sostanza contestato alcune delle procedure adottate dalla Procura per realizzare la superperizia, che è il vero e proprio pilastro dell'accusa; un lavoro immane eseguito da un pool di esperti in campo nazionale, che dal giorno del disastro hanno lavorato alla ricostruzione della tragedia e alle cause che la generarono: prima tra tutte un maledetto “giunto provvisorio” che univa due rotaie e venne fissato male, provocando il deragliamento del treno Espresso “Freccia della Laguna”, numero di serie 1932. Il gup Sicuro già all'udienza scorsa aveva detto la sua sulla vicenda, distinguendo due piani: da un lato aveva spiegato che «non emerge dagli atti, e non è stato dedotto dalle difese, quali accertamenti non più ripetibili sarebbero stati preclusi al contraddittorio nelle forme dell'incidente probatorio dal provvedimento del Gip di rigetto della relativa richiesta»; dall'altro aveva affermato che «la questione afferente all'utilizzabilità dibattimentale, in tutto o in parte, della relazione redatta dai consulenti non ha alcuna ragione di essere risolta in questa sede, investendo l'eventuale formazione del fascicolo del dibattimento». E la partita giudiziaria si gioca tutta qui, sulla utilizzabilità della superperizia, un quesito che verrà definitivamente sciolto dal gup Sicuro l'8 giugno prossimo. Tornando alle difese, ieri gli interventi degli avvocati Luigi Autru Ryolo, Carlo Taormina, Alberto Gullino, Laura Autru Ryolo e Carlo Autru Ryolo sono andati avanti per un'intera giornata: sono iniziati intorno alle 9,30 e si sono conclusi solo intorno alle 16. Poi il giudice Sicuro si è ritirato in camera di consiglio per decidere. Nel corso dell'udienza precedente, celebrata il 18 maggio, era stato il pm Vito Di Giorgio, per l'accusa, a ricostruire l'intera vicenda: aveva chiesto il rinvio a giudizio di tutti e cinque gli indagati, sottolineando ancora una volta come le indagini preliminari abbiano cristallizzato la cosiddetta «catena delle responsabilità» a carico dell'imprenditore e dei quattro dipendenti delle Ferrovie. Il pm aveva citato poi l'enorme mole di lavoro svolta dai consulenti, aggiungendo anche altri due “tasselli”: le altre due perizie sulla tragedia, quelle disposte da TrenItalia e RFI (già depositate agli atti dell'inchiesta), sono giunte alle medesime conclusioni delle perizie delle Procura: un maledetto giunto difettoso che univa due rotaie fu la causa di tutto; chi doveva vigilare sulla corretta collocazione del giunto non lo fece, chi doveva garantire la giusta velocità su quella tratta malridotta non diede le giuste disposizioni. Tutto questo provocò quel disastro, dove persero la vita uno dei macchinisti e sette passeggeri. |