La storia di Rometta

2. Il periodo arabo.

Le coste meridionali della Sicilia cominciarono ad essere sotto la minaccia delle azioni razziatrici degli Arabi sin dalla metà del VII secolo; per tutto il corso del secolo successivo quegli attacchi proseguirono con frequenza, intensità ed esito, ovviamente dipendente dall’audacia e dalle iniziative dei capitani di ventura che li organizzarono e li guidarono. Nell’800 Arabi e Bizantini, forse esasperati da una situazione che non tornava a vantaggio né dell’una né dell’altra parte, sentirono la necessità di una tregua. Ma fu l’illusione di un momento, in quanto ben presto una nuova ondata di incursioni si riversò sulle coste della Sicilia; ancora un’altra tregua per dieci anni, finchè si giunse al definitivo sbarco degli Arabi in Sicilia.
Pare che il comandante della flotta bizantina, Eugenio da Messina, avendo sedotto una monaca fu rimosso dalla carica che ricopriva, per nulla intimorito si mise alla testa di una rivolta, proclamandosi imperatore, e dopo aver ucciso l’inviato Imperiale di Sicilia, fu costretto, di fronte all’arrivo nell’isola di un fornito esercito bizantino, a rifugiarsi presso l’Emiro Aglabita di Tunisia (l’emiro è il titolo che gli arabi danno ai discendenti di Maometto, il quale è governatore di una provincia; aglabita è la famiglia regnante del tempo). Qui egli convinse l’emiro ad aiutarlo nel riconquistare la Sicilia, la cui alta sovranità sarebbe spettata a lui, mentre Eufemio ne sarebbe divenuto amministratore generale. Il corpo di spedizione salpò da Susa (Tunisia) il 14 giugno dell’827 e sbarcò a Mazara il 17 dello stesso mese. Sin dal primo momento Eufemio fu invitato a tenersi in disparte, il traditore quindi, subì l’umiliazione di essere escluso dalle azioni belliche trovandosi così a non avere più né amici né patria.
In soli quattro anni con i continui rinforzi che giungevano dall’Africa, i Saraceni si impadronirono della Sicilia occidentale, mentre la parte orientale era in mano ai Bizantini difesa da munitissime fortezze tra le quali, come vedremo, primeggiava Rometta.
Nell’autunno dell’832 gli Arabi iniziarono a invadere la parte orientale, otto anni dopo l’impero d’Oriente abbandonava la Sicilia lasciando sole le poche fortezze militari, tra le quali Rometta, che si opponeva con forza agli invasori musulmani. Tra queste Messina cadde nell’843, Ragusa nell’849 e Siracusa nell’878 dopo un lungo assedio, uniche città rimaste erano Taormina e Rometta.
Numerosi erano stati fino ad allora, e molti altri furono dopo, i tentativi di conquista di Rometta.
Il primo tentativo avvenne nell’877, ancor prima della presa di Siracusa.
L’ Emiro Gà far ubn-Muhammed seguito da un nutrito esercito fece incursione nel circondario di Rometta, con il proposito di conquistarla.
Il secondo tentativo avvenne il 10 luglio dell’883, nel quale l’emiro Muammed invadeva nuovamente i contadi della città fortezza facendo grande bottino di prigionieri e devastando le campagne.
Un anno dopo nel giugno dell’884 tentò l’impresa il successore di Muammed, al-Husayn ibn-Ahnad, che si limitò solo a saccheggiare i territori di Rometta e a fare razzia di uomini e di beni.
Infine il 17 luglio del 902, l’emiro Ibrahim iniziò l’offensiva decisiva contro le ultime roccaforti della Sicilia, prima cadde Taormina dopo quindici giorni di assedio, poi toccò a Rometta, che fu l’ultima roccaforte a cadere nelle mani musulmane.
I Romettesi, stando alle notizie riportate dall’Amari, dal momento che ogni resistenza sarebbe stata vana, si offrirono di pagare la “Gizyah” (tributo che permetteva ai vinti di mantenere qualche minimo di libertà tra cui, quella di culto), ma l’Emiro Arabo non acconsentì e ordinò loro di abbandonare la fortezza che poi smantellò il più possibile.
Tuttavia si può ritenere che lo smantellamento del 902 non fu assoluto, ma probabilmente fu concesso ai Romettesi che si erano arresi senza opporre resistenza, di pagare il tributo. Solo così si può spiegare il perché la chiesa di S.Salvatore non fu, al pari di tante altre, smantellata e adibita a moschea, ma fu lasciata al culto cristiano, e ancora perché nel 962 ricompare Rometta come città che, insieme a Taormina, insorge contro l’oppressore Arabo.
Infatti fonti arabe, riportate dall’Amari ci riferiscono che sul finire del 962 , Rometta insorse contro la tirannia musulmana.
Le cause di questo gesto possono essere molteplici, ma certamente l’insofferenza per i gravosi tributi, unito alla diversa ideologia e modo di vivere degli islamici hanno giocato un ruolo importante.
Il 24 agosto del 963 giungeva da Palermo l’Emiro Rapsan ibn-Ammar alla testa di numerosi armati per ristabilire la propria autorità nella città insorta. Dopo vari assalti regolarmente respinti dai Romettesi, l’Emiro decise di prendere la città per fame facendo costruire, non molto lontano da essa un castello per sé, e casupole per i soldati, dove mettersi al riparo dai rigori della stagione fredda. L’assedio durò per tutto l’inverno la primavera a l’estate successiva.
Intanto l’imperatore di Bisanzio Nicefore Foca a cui i Romettesi avevano chiesto aiuto, era intenzionato a intervenire militarmente per riconquistare la Sicilia, ed inviò nell’isola un numeroso numero di soldati, al comando dei quali vi erano due condottieri, Nicete per la flotta e Emanule per l’esercito.
Il 21 ottobre del 964, l’esercito bizantino sbarcò a Messina. Occupata la città, l’esercito guidato dal suo condottiero si avviò velocemente verso la fortezza di Rometta dove ad attenderlo vi era l’esercito arabo che lasciato uno parte di esso a vigilare la città si diresse contro Manuele.
Era la notte fra il 24 e il 25 ottobre del 964, l’esercito arabo preso posto in delle gole che portavano a Rometta aspettavano i Bizantini per porgegli un’imboscata. I liberatori attaccarono con impeto i Saraceni che sbarravano la stretta gola. Però ben presto sotto il tiro delle macchine da guerra bizantine, gli Arabi furono costretti a ritirarsi nella vallata e lasciarono così libera la gola. A questo punto Hassan (il condottiero arabo) secondo il Sanfilippo visto l’andamento negativo della battaglia gridando”Oh Allah, se m’abbandonano i tuoi figli, non mi lasciar tu” si gettò nella mischia seguito dal suo esercito, uccidendo così Emanuele Foca e sconfiggendo l’esercito nemico.
I bizantini, senza più duce, indietreggiarono ed infine si sbandarono. Ma la malasorte si accanì ancora con gli sbandati Greci: un grosso nuvolone grigio oscurò quei monti impervi e lampi e tuoni buttarono lo scompiglio sopra i fuggitivi che non conoscevano quei luoghi. In tanta confusione lo squadrone imperiale, lanciantosi al galoppo, precipitò in una larga fossa e in poco tempo fu tutta piena di uomini e cavalli, e i vincitori vi passarono sopra al trionfanti.
Diecimila cristiani furono uccisi, molti fatti prigionieri, pochissimi riuscirono a fuggire.
Intanto Rometta continuò a resistere malgrado la mancanza di cibo, tanto da essere costretta a mandare fuori dalle proprie mura mille bocche inutili, costituite da donne e fanciulli. Hassan, invece di respingere quella gente nella fortezza per conquistarla prima, li catturò e inviò a Palermo, infine il 4 maggio del 965, preparate le scale il condottiero arabo ordinò ai suoi uomini l’assalto conquistando la fortezza e passando alle spade i prodi cittadini.
Dopo un anno e mezzo, Hassan andò via dalla roccaforte lasciando in essa una guarnigione di soldati ed alcuni abitatori musulmani. Ed è proprio a questa popolazione rurale del romettese che i Musulmani permisero di pagare la “Gizyah”, permettendogli la continuità della religione cristiana nel Romettese.
La città fu chiamata dai musulmani, Ramtah, e nella ripartizione amministrativa della Sicilia, fece parte del territorio della Val Dèmona.
Inoltre nel 968, in seguito a contrasti fra l’emiro siciliano e il califfo Fatimita (il califfo è il titolo di supremo potestà religioso e temporale ovvero una sorta di papa della religione islamica), Ramtah e Taormina furono distrutte e date alle fiamme. Nove anni dopo, nel 976, Abu-Al-Quasim, ricostruiva nuovamente la città di Ramtah e dava quartiere ad un presidio comandato da uno schiavo negro. Questa nuova Ramtah, abitata dai musulmani e cristiani, divenne il punto strategico delle operazioni militari degli Arabi nella Sicilia nord-orientale, essa infatti era stata, secondo l’Amari, cinta di un robusto muro merlato; inoltre fu costruito una torre vicino alla porta Milazzo. La ragione per cui Rometta era stata fortemente munita dipendeva dal fatto che essa controllava il passo che univa Messina alla strada lungo la costa settentrionale che conduceva a Palermo.
Nell’estate del 1038, l’imperatore bizantino approfittando delle discordie sorte tra i capi Arabi della Sicilia, inviò nell’isola un potente esercito affidato al generale Giorgio Maniace. Verso la fine dell’estate di quell’anno, l’esercito greco sbarcò in Sicilia travolgendo i Saraceni. Messina dopo pochi giorni fu conquistata, da lì Maniace si diresse verso Rometta dove si ebbe ancora una volta una cruenta battaglia fra i Bizantini (o i Rum, come li chiamavano gli arabi), e i Saraceni. Qui il Maniace ebbe la rivincita sui nemici riuscendo a sconfiggerli e a conquistare Rometta pur con il prezzo di una elevata quantità di vittime. Da qui inoltre Maniace proseguì verso la Sicilia Occidentale e proprio quando mancava poco alla sua riconquista, egli fu improvvisamente, per ordine della corte, condotto a Costantinopoli ed arrestato.
Da lì a poco tempo l’incapacità del suo successore fece si che la Sicilia tornasse, se pur per poco, in mano araba.
Tuttavia sono tante le cose che i nostri predecessori Arabi ci hanno lasciato e trasmesso:
? in campo agricolo, per esempio, con l’introduzione di moderni sistemi di irrigazione e canalizzazione delle acque, il frazionamento del latifondo in un paese che ne era afflitto da secoli, con la disastrosa conseguenza della mancata possibilità di colture intensive, realizzate, invece, dagli Arabi su vasta scala. Si deve agli Arabi la coltivazione degli agrumi: limoni ed aranci amari, quella del cotone, dei pistacchi , dei meloni e del gelso.
? In campo industriale e scientifico si ebbe, lo sviluppo dell’industria serica, l’estrazione del ferro nelle montagne vicino Messina, quella dello zolfo, l’introduzione del sistema decimale con l’aggiunta dello zero, ecc...
? Le voci lasciate dagli Arabi nel dialetto siciliano, che si riferiscono per la maggior parte all’agricoltura, alle industrie, ai vestiti, ai cibi e a qualche istituzione urbana, ad esempio “bbalata” che significa lastra di pietra di marmo (arabo = Blath), “calia” che significa ceci abbrustoliti (arabo = qalà), “cuttuni” che è il cotone (arabo = qùtun), “gebbia” che significa grande vasca (arabo = gèbiya), “zicca” che è la zecca (arabo = zicca) e tanti altre comunemente usati sia nel dialetto siciliano che nella lingua italiana.

1. Geologia, origine e archeologia.
3. Dai Normanni ai giorni nostri