La storia di Rometta

1. Geologia, origine e archeologia.

Man mano che ci si avvicina alla roccia su cui giace Rometta, strati enormi di marne si susseguono fino ai piedi del monte. Spostandosi verso la cima esse scompaiono lasciando il posto a rocce organogene ricche di fossili di ogni genere (calcare grossolano arenoso). A prima vista pertanto sembrerebbe che quel comignolo su cui giace Rometta, sia esclusivamente formato da un lembo di calcare  quaternario, non distrutto dalla corrosione degli agenti atmosferici. Ma se si studia un po più da vicino la struttura geologica del monte, ben presto ci rendiamo conto che la roccia organogena circonda e racchiude una grande elevazione di marne gialle. Difatti la superficie del piano del monte è costituita esternamente da calcare quaternario che si nota su tutti i lati, mentre in tutto il resto della superficie sono presenti le marne gialle che le conferiscono una struttura alquanto convessa, costituendo verso il lato nord est il poggio torre .
Dunque le marne che compaiono al di sotto delle rocce quaternarie, s’innalzano nell’interno di esse per formare il massiccio principale insieme alla cintura di calcare quaternario.
Questa particolare struttura geologica del monte di Rometta si formò secondo gli studi condotti dal celebre naturalista Giuseppe Seguenza, in seguito a due denudazioni avvenute in due epoche diverse.
La prima denudazione si ebbe alla fine della grande era terziaria in seguito alla quale il monte, che si trovava ancora sotto le acque, era formato soltanto da marne. Con questa struttura rimase anche all’inizio dell’era quaternaria quando incominciò ad essere ricoperto interamente dal sedimento che si depositava in quel lungo periodo. Sul finire del primo periodo dell’era quaternaria tutta la massa dei terreni del messinese veniva fuori dall’acqua, non per violento movimento, ma attraverso un ritmo graduale. Così venivano fuori dalle acque in seno alle quali si erano formate, quelle rocce terziarie di cui sono costituite le basse colline della provincia di Messina. Queste tuttavia avevano una forma diversa da quella attuale, ed in particolare si può immaginare che apparissero come una grandissima pianura inclinata dolcemente verso la costa tirrenica che, in seguito a diverse cause tra cui gli impetuosi torrenti che scendevano dalle montagne, l’azione corrosiva del vento, le piogge hanno assunto l’aspetto che oggi conosciamo. Il monte marnoso di Rometta che era stato sepolto dagli strati orizzontali del calcare quaternario, usciva fuori dalle acque in tale stato. Però le azioni denudatrici lo rispettavano; gli solcavano profonde valli all’intorno, isolandolo completamente; distruggevano gli strati calcarei della sua sommità, mettendo così in evidenza la sua interna struttura; gli conservavano una cintura di roccia calcarea che lo proteggeva da ulteriore decadimento e lo rendeva un vero serbatoio naturale delle acque piovane.
Per quanto riguarda l’origine di Rometta non esistono dati certi a parte qualche ritrovamento come quello fortuito in località torrione costituito da oggetti di uso quotidiano risalenti al III secolo a.C.(documentato da V.P. Grisso nel 1940) e altri ad opera del Dott. Giacomo Scibona come quelli sul monte “Motta”. Lo stesso Vito Amico (Dizionario topografico della Sicilia 1757) afferma che da vari ritrovamenti si potrebbe supporre l’esistenza di Rometta prima della venuta di Cristo. Nicolò Saija (storico locale che pubblicò il testo “Le notizie storiche su Rometta”) ad esempio sostiene di aver visto con i suoi occhi una moneta rinvenuta in un muro di cinta della città, secondo lui risalente al tempo di Gelone di Siracusa (485-478 a.C.), inoltre afferma che il barone Andrea Lo Mundo gli disse di aver trovato nelle grotte sottostanti Rometta due idoletti dati ai suoi figli per giocare e quindi andati smarriti.
Da questi fatti vengono fuori due correnti di pensiero diverse, una sostiene che Rometta sia stata fondata da Zancle nella seconda fase della colonizzazione greca, sotto il nome di Ibla Parva (VIII VI sec a.C.), che abbondonata o distrutta venne ripopolata da Micito tiranno di Messina con il nome di Pisso (450-400 a.C.); una seconda ipotesi è che Rometta sia di origine greco - sicula.
a)  La prima tesi sostenuta da Nicolò Saija storico locale, nasce dal fatto che intorno alla metà del VI sec. a.C. i Greci presenti in Sicilia incominciarono a fondare nuovi centri nell’isola che a loro volta si espansero fondandone altri, tra questi Zancle (la città di Messina) fondò Milae oggi Milazzo, Imera oggi Termini, mentre nulla si sa su dove fosse “Ibla Parva”. Da qui l’ipotesi che quest’ultima potesse essere l’odierna Rometta. Inoltre l’Amico ipotizza che Rometta fosse l’antica Pisso, città fondata e ripopolata da Micito, tiranno di Messina. Il Saija mette d’accordo queste due teorie ipotizzando che Rometta fosse Ibla Parva, la quale venne abbandonata o distrutta, e su di essa edificata Pisso.
a)  La seconda ipotesi è dello storico francese J. De Burigny che basandosi su alcuni reperti archeologici afferma che Rometta è di origine greco - sicula. I Siculi, che insieme ai Sicani, gli Elimi e i Fenici, rappresentano i popoli del periodo protostorico della Sicilia (cioè anteriore a quello greco), secondo molti scrittori antichi, erano discendenti degli Enotri (originari dell’Arcadia, una regione dell’attuale Grecia), passarono dall’Epiro, odierna Albania, e giunsero in Sicilia. Insediatisi nell’isola costruirono città fortificate, soprattutto nella parte centro orientale, molte delle quali caratterizzate dalla presenza di tombe scavate nella roccia proprio com’è possibile notare a Rometta. Essi inoltre in un primo periodo vissero pacificamente con i nuovi vicini Greci instaurando con loro scambi di vario genere, fino al periodo dell’espansione delle colonie dalle quali furono sottomessi.
Probabilmente la verità sta in mezzo, ma fino a quando non ci saranno prove inapugnabili quelle che si possono fare sono solo supposizioni.
Del periodo successivo, ovvero quello romano, non esiste alcuna traccia che faccia pensare ad una esistenza della città sotto il regno di Roma. Gli stessi storici di quel periodo (211 a.C. - 535 d.C.) non ne fanno menzione benchè si fossero interessati di particolari geografici meno rilevanti.
Il Solino storico che scrisse al tempo dell’imperatore Aureliano, cioè nel 232, parla persino della specula che esisteva sul monte “Bimare” (tale nome nasce dal fatto che esso guarda i due mari Tirreno e Ionio). Questa specula era una specie di torre con soldati posti lì al fine di controllare da quella sommità le navi che eventualmente si avvicinavano minacciosamente dai due mari. Molto tempo dopo, il Cluverio, nella sua “Sicilia antica” fa menzione dei ruderi di quella torre e dei paesi piccolissimi, mentre non parla assolutamente di Rometta che dal monte Dinnamare si vede benissimo. Come lui parecchi altri storici come Pomponio Mela, Stefano Bizantino, Strabone ecc.. ci parlano di tutto tranne che della città di Rometta. Ciò ci fa supporre che nel periodo romano essa non sia esistita perché probabilmente, schieratasi con i perdenti Greci, venne rasa al suolo durante le lotte di conquista della Sicilia da parte di Roma.
Gli indizi più concreti di un insediamento stabile nel territorio di Rometta risalgono all’epoca bizantina: il più vistoso fra tutti è costituito dalla chiesa Santa Maria dei Cerei detta volgarmente “Bizantina”, della quale ancor oggi non è stato possibile precisare la datazione, ma che si colloca certamente nell’arco della dominazione bizantina, tra il VI e il X secolo. Al medesimo periodo probabilmente risalgono le numerose chiese rupestri sparse nelle balze occidentali (in contrada Sotto San Giovanni), settentrionali (in contrada Sottocastello) e nord-occidentali (presso il convento dei Cappuccini).
Da ciò si può supporre che, scissosi l’impero Romano in quello d’Oriente e quello d’Occidente, i continui pericoli dovuti alle invasioni Barbariche che minacciavano l’isola hanno spinto le genti a ripopolare Rometta, fino ad arrivare al X secolo nel quale essa viene descritta come città fortezza.
E ad epoca bizantina si deve far risalire (pur con qualche margine di dubbio) anche il nome di Rometta. Ma la questione è controversa e può essere così riassunta.
Per primo Cozza Luzi, nel pubblicare la cosiddetta “Cronaca di Cambridge”, un testo arabo risalente all’incirca all’ultimo decennio del X secolo, e soprattutto nell’ affiancare a questo il suo prototipo greco, rilevava come Rometta fosse denominata in passato “da alcuni Erymata da altri Rymata”. Lo studioso tuttavia non dice da chi siano adottati questi due nomi ma si può supporre che egli si riferisca ai termini usati nel testo greco suddetto e in altri due codici greci che egli pubblica nella stessa sede. Ora, Erymata in greco significa baluardi e Rymata ne è certamente una storpiatura, pertanto dato il ruolo di Rometta in epoca bizantina l’origine greca del nome sembra valida.
Ma allo stesso modo una diversa, e forse più accettata a livello locale, supposizione è che Rometta derivi invece direttamente dal termine arabo Ràmatha, che significa restaurata, e che dovrebbe riferirsi al fatto che la città, dopo essere stata distrutta dai musulmani nel 968, fu ricostruita dagli stessi tra il 976 e il 977.
Si può notare pertanto come ambedue le denominazioni appaiano plausibili e come inoltre essi stranamente coincidano nella fonetica, circostanza che ha potuto facilitare certamente l‘adozione della denominazione araba, la quale sarebbe dunque una storpiatura fonetica di quella greca e non una traduzione.
L’ipotesi più interessante sembra essere quella greca, sia perchè Rometta esisteva già durante il periodo Bizantino, sia perché un cronista arabo Yâqut afferma che Ramta è un nome straniero.
Quanto poi alla trasformazione della forma Rametta in Rometta, fu il Maurolico ad attuarla per la prima volta, nel 1562.
Dopo questa data, le due forme si alternano finchè prevarrà la seconda.

2.Il periodo arabo.