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La storia di Rometta

1. Geologia, origine e archeologia.

2. Il periodo arabo.

3. Dai Normanni ai giorni nostri

Sulle origini di Rometta vi sono varie tesi che collocano la sua data di fondazione intorno al VII-VIII sec. a.C. con il nome di Ibla Parva divenuto Ramtah nel 965 d.C. e Rometta nel 1500 sotto la dominazione spagnola.
Oltre a quella spagnola, nel tempo Rometta subì anche le dominazioni Arabe, Normanne, Sveve e Aragonesi ricoprendo spesso ruoli strategici e di elevata importanza militare e che hanno fatto sì che essa assumesse la caratteristica struttura architettonica tuttora tangibile ed ammirabile. Il fatto che Rometta sia stata l'ultima roccaforte a crollare all' invasione degli Arabi in Sicilia, la dice lunga sulla struttura e forza di questo centro. L' accesso alla città infatti era possibile solamente dalle due porte ancora esistenti: porta Milazzo (che rappresenta anche l'attuale entrata della città) e porta Messina, mentre il resto della città sembra essere stata caratterizzata dalla presenza di muri perimetrali, di cui oggi solo vicino a porta Messina si possono ammirarne i resti. Le vie cittadine infine si caratterizzano per la presenza di numerosi "DAMMUS" (passaggi coperti a volta a botte, a crociera, che di solito forano ed attraversano un edificio), come quello presente in via S.Giuseppe, o in fondo alla via Natoli, e i vari edifici e portali sei-sette-ottocenteschi presenti nei quartieri più antichi della città oltre il portale dell' ex Collegio di Studi oggi posto allo ingresso dell' aula consiliare

1. Geologia, origine e archeologia.

Man mano che ci si avvicina alla roccia su cui giace Rometta, strati enormi di marne si susseguono fino ai piedi del monte. Spostandosi verso la cima esse scompaiono lasciando il posto a rocce organogene ricche di fossili di ogni genere (calcare grossolano arenoso). A prima vista pertanto sembrerebbe che quel comignolo su cui giace Rometta, sia esclusivamente formato da un lembo di calcare  quaternario, non distrutto dalla corrosione degli agenti atmosferici. Ma se si studia un po più da vicino la struttura geologica del monte, ben presto ci rendiamo conto che la roccia organogena circonda e racchiude una grande elevazione di marne gialle. Difatti la superficie del piano del monte è costituita esternamente da calcare quaternario che si nota su tutti i lati, mentre in tutto il resto della superficie sono presenti le marne gialle che le conferiscono una struttura alquanto convessa, costituendo verso il lato nord est il poggio torre .
Dunque le marne che compaiono al di sotto delle rocce quaternarie, s’innalzano nell’interno di esse per formare il massiccio principale insieme alla cintura di calcare quaternario.
Questa particolare struttura geologica del monte di Rometta si formò secondo gli studi condotti dal celebre naturalista Giuseppe Seguenza, in seguito a due denudazioni avvenute in due epoche diverse.
La prima denudazione si ebbe alla fine della grande era terziaria in seguito alla quale il monte, che si trovava ancora sotto le acque, era formato soltanto da marne. Con questa struttura rimase anche all’inizio dell’era quaternaria quando incominciò ad essere ricoperto interamente dal sedimento che si depositava in quel lungo periodo. Sul finire del primo periodo dell’era quaternaria tutta la massa dei terreni del messinese veniva fuori dall’acqua, non per violento movimento, ma attraverso un ritmo graduale. Così venivano fuori dalle acque in seno alle quali si erano formate, quelle rocce terziarie di cui sono costituite le basse colline della provincia di Messina. Queste tuttavia avevano una forma diversa da quella attuale, ed in particolare si può immaginare che apparissero come una grandissima pianura inclinata dolcemente verso la costa tirrenica che, in seguito a diverse cause tra cui gli impetuosi torrenti che scendevano dalle montagne, l’azione corrosiva del vento, le piogge hanno assunto l’aspetto che oggi conosciamo. Il monte marnoso di Rometta che era stato sepolto dagli strati orizzontali del calcare quaternario, usciva fuori dalle acque in tale stato. Però le azioni denudatrici lo rispettavano; gli solcavano profonde valli all’intorno, isolandolo completamente; distruggevano gli strati calcarei della sua sommità, mettendo così in evidenza la sua interna struttura; gli conservavano una cintura di roccia calcarea che lo proteggeva da ulteriore decadimento e lo rendeva un vero serbatoio naturale delle acque piovane.
Per quanto riguarda l’origine di Rometta non esistono dati certi a parte qualche ritrovamento come quello fortuito in località torrione costituito da oggetti di uso quotidiano risalenti al III secolo a.C.(documentato da V.P. Grisso nel 1940) e altri ad opera del Dott. Giacomo Scibona come quelli sul monte “Motta”. Lo stesso Vito Amico (Dizionario topografico della Sicilia 1757) afferma che da vari ritrovamenti si potrebbe supporre l’esistenza di Rometta prima della venuta di Cristo. Nicolò Saija (storico locale che pubblicò il testo “Le notizie storiche su Rometta”) ad esempio sostiene di aver visto con i suoi occhi una moneta rinvenuta in un muro di cinta della città, secondo lui risalente al tempo di Gelone di Siracusa (485-478 a.C.), inoltre afferma che il barone Andrea Lo Mundo gli disse di aver trovato nelle grotte sottostanti Rometta due idoletti dati ai suoi figli per giocare e quindi andati smarriti.
Da questi fatti vengono fuori due correnti di pensiero diverse, una sostiene che Rometta sia stata fondata da Zancle nella seconda fase della colonizzazione greca, sotto il nome di Ibla Parva (VIII VI sec a.C.), che abbondonata o distrutta venne ripopolata da Micito tiranno di Messina con il nome di Pisso (450-400 a.C.); una seconda ipotesi è che Rometta sia di origine greco - sicula.
a)  La prima tesi sostenuta da Nicolò Saija storico locale, nasce dal fatto che intorno alla metà del VI sec. a.C. i Greci presenti in Sicilia incominciarono a fondare nuovi centri nell’isola che a loro volta si espansero fondandone altri, tra questi Zancle (la città di Messina) fondò Milae oggi Milazzo, Imera oggi Termini, mentre nulla si sa su dove fosse “Ibla Parva”. Da qui l’ipotesi che quest’ultima potesse essere l’odierna Rometta. Inoltre l’Amico ipotizza che Rometta fosse l’antica Pisso, città fondata e ripopolata da Micito, tiranno di Messina. Il Saija mette d’accordo queste due teorie ipotizzando che Rometta fosse Ibla Parva, la quale venne abbandonata o distrutta, e su di essa edificata Pisso.
a)  La seconda ipotesi è dello storico francese J. De Burigny che basandosi su alcuni reperti archeologici afferma che Rometta è di origine greco - sicula. I Siculi, che insieme ai Sicani, gli Elimi e i Fenici, rappresentano i popoli del periodo protostorico della Sicilia (cioè anteriore a quello greco), secondo molti scrittori antichi, erano discendenti degli Enotri (originari dell’Arcadia, una regione dell’attuale Grecia), passarono dall’Epiro, odierna Albania, e giunsero in Sicilia. Insediatisi nell’isola costruirono città fortificate, soprattutto nella parte centro orientale, molte delle quali caratterizzate dalla presenza di tombe scavate nella roccia proprio com’è possibile notare a Rometta. Essi inoltre in un primo periodo vissero pacificamente con i nuovi vicini Greci instaurando con loro scambi di vario genere, fino al periodo dell’espansione delle colonie dalle quali furono sottomessi.
Probabilmente la verità sta in mezzo, ma fino a quando non ci saranno prove inapugnabili quelle che si possono fare sono solo supposizioni.
Del periodo successivo, ovvero quello romano, non esiste alcuna traccia che faccia pensare ad una esistenza della città sotto il regno di Roma. Gli stessi storici di quel periodo (211 a.C. - 535 d.C.) non ne fanno menzione benchè si fossero interessati di particolari geografici meno rilevanti.
Il Solino storico che scrisse al tempo dell’imperatore Aureliano, cioè nel 232, parla persino della specula che esisteva sul monte “Bimare” (tale nome nasce dal fatto che esso guarda i due mari Tirreno e Ionio). Questa specula era una specie di torre con soldati posti lì al fine di controllare da quella sommità le navi che eventualmente si avvicinavano minacciosamente dai due mari. Molto tempo dopo, il Cluverio, nella sua “Sicilia antica” fa menzione dei ruderi di quella torre e dei paesi piccolissimi, mentre non parla assolutamente di Rometta che dal monte Dinnamare si vede benissimo. Come lui parecchi altri storici come Pomponio Mela, Stefano Bizantino, Strabone ecc.. ci parlano di tutto tranne che della città di Rometta. Ciò ci fa supporre che nel periodo romano essa non sia esistita perché probabilmente, schieratasi con i perdenti Greci, venne rasa al suolo durante le lotte di conquista della Sicilia da parte di Roma.
Gli indizi più concreti di un insediamento stabile nel territorio di Rometta risalgono all’epoca bizantina: il più vistoso fra tutti è costituito dalla chiesa Santa Maria dei Cerei detta volgarmente “Bizantina”, della quale ancor oggi non è stato possibile precisare la datazione, ma che si colloca certamente nell’arco della dominazione bizantina, tra il VI e il X secolo. Al medesimo periodo probabilmente risalgono le numerose chiese rupestri sparse nelle balze occidentali (in contrada Sotto San Giovanni), settentrionali (in contrada Sottocastello) e nord-occidentali (presso il convento dei Cappuccini).
Da ciò si può supporre che, scissosi l’impero Romano in quello d’Oriente e quello d’Occidente, i continui pericoli dovuti alle invasioni Barbariche che minacciavano l’isola hanno spinto le genti a ripopolare Rometta, fino ad arrivare al X secolo nel quale essa viene descritta come città fortezza.
E ad epoca bizantina si deve far risalire (pur con qualche margine di dubbio) anche il nome di Rometta. Ma la questione è controversa e può essere così riassunta.
Per primo Cozza Luzi, nel pubblicare la cosiddetta “Cronaca di Cambridge”, un testo arabo risalente all’incirca all’ultimo decennio del X secolo, e soprattutto nell’ affiancare a questo il suo prototipo greco, rilevava come Rometta fosse denominata in passato “da alcuni Erymata da altri Rymata”. Lo studioso tuttavia non dice da chi siano adottati questi due nomi ma si può supporre che egli si riferisca ai termini usati nel testo greco suddetto e in altri due codici greci che egli pubblica nella stessa sede. Ora, Erymata in greco significa baluardi e Rymata ne è certamente una storpiatura, pertanto dato il ruolo di Rometta in epoca bizantina l’origine greca del nome sembra valida.
Ma allo stesso modo una diversa, e forse più accettata a livello locale, supposizione è che Rometta derivi invece direttamente dal termine arabo Ràmatha, che significa restaurata, e che dovrebbe riferirsi al fatto che la città, dopo essere stata distrutta dai musulmani nel 968, fu ricostruita dagli stessi tra il 976 e il 977.
Si può notare pertanto come ambedue le denominazioni appaiano plausibili e come inoltre essi stranamente coincidano nella fonetica, circostanza che ha potuto facilitare certamente l‘adozione della denominazione araba, la quale sarebbe dunque una storpiatura fonetica di quella greca e non una traduzione.
L’ipotesi più interessante sembra essere quella greca, sia perchè Rometta esisteva già durante il periodo Bizantino, sia perché un cronista arabo Yâqut afferma che Ramta è un nome straniero.
Quanto poi alla trasformazione della forma Rametta in Rometta, fu il Maurolico ad attuarla per la prima volta, nel 1562.
Dopo questa data, le due forme si alternano finchè prevarrà la seconda.

2. Il periodo arabo.

Le coste meridionali della Sicilia cominciarono ad essere sotto la minaccia delle azioni razziatrici degli Arabi sin dalla metà del VII secolo; per tutto il corso del secolo successivo quegli attacchi proseguirono con frequenza, intensità ed esito, ovviamente dipendente dall’audacia e dalle iniziative dei capitani di ventura che li organizzarono e li guidarono. Nell’800 Arabi e Bizantini, forse esasperati da una situazione che non tornava a vantaggio né dell’una né dell’altra parte, sentirono la necessità di una tregua. Ma fu l’illusione di un momento, in quanto ben presto una nuova ondata di incursioni si riversò sulle coste della Sicilia; ancora un’altra tregua per dieci anni, finchè si giunse al definitivo sbarco degli Arabi in Sicilia.
Pare che il comandante della flotta bizantina, Eugenio da Messina, avendo sedotto una monaca fu rimosso dalla carica che ricopriva, per nulla intimorito si mise alla testa di una rivolta, proclamandosi imperatore, e dopo aver ucciso l’inviato Imperiale di Sicilia, fu costretto, di fronte all’arrivo nell’isola di un fornito esercito bizantino, a rifugiarsi presso l’Emiro Aglabita di Tunisia (l’emiro è il titolo che gli arabi danno ai discendenti di Maometto, il quale è governatore di una provincia; aglabita è la famiglia regnante del tempo). Qui egli convinse l’emiro ad aiutarlo nel riconquistare la Sicilia, la cui alta sovranità sarebbe spettata a lui, mentre Eufemio ne sarebbe divenuto amministratore generale. Il corpo di spedizione salpò da Susa (Tunisia) il 14 giugno dell’827 e sbarcò a Mazara il 17 dello stesso mese. Sin dal primo momento Eufemio fu invitato a tenersi in disparte, il traditore quindi, subì l’umiliazione di essere escluso dalle azioni belliche trovandosi così a non avere più né amici né patria.
In soli quattro anni con i continui rinforzi che giungevano dall’Africa, i Saraceni si impadronirono della Sicilia occidentale, mentre la parte orientale era in mano ai Bizantini difesa da munitissime fortezze tra le quali, come vedremo, primeggiava Rometta.
Nell’autunno dell’832 gli Arabi iniziarono a invadere la parte orientale, otto anni dopo l’impero d’Oriente abbandonava la Sicilia lasciando sole le poche fortezze militari, tra le quali Rometta, che si opponeva con forza agli invasori musulmani. Tra queste Messina cadde nell’843, Ragusa nell’849 e Siracusa nell’878 dopo un lungo assedio, uniche città rimaste erano Taormina e Rometta.
Numerosi erano stati fino ad allora, e molti altri furono dopo, i tentativi di conquista di Rometta.
Il primo tentativo avvenne nell’877, ancor prima della presa di Siracusa.
L’ Emiro Gà far ubn-Muhammed seguito da un nutrito esercito fece incursione nel circondario di Rometta, con il proposito di conquistarla.
Il secondo tentativo avvenne il 10 luglio dell’883, nel quale l’emiro Muammed invadeva nuovamente i contadi della città fortezza facendo grande bottino di prigionieri e devastando le campagne.
Un anno dopo nel giugno dell’884 tentò l’impresa il successore di Muammed, al-Husayn ibn-Ahnad, che si limitò solo a saccheggiare i territori di Rometta e a fare razzia di uomini e di beni.
Infine il 17 luglio del 902, l’emiro Ibrahim iniziò l’offensiva decisiva contro le ultime roccaforti della Sicilia, prima cadde Taormina dopo quindici giorni di assedio, poi toccò a Rometta, che fu l’ultima roccaforte a cadere nelle mani musulmane.
I Romettesi, stando alle notizie riportate dall’Amari, dal momento che ogni resistenza sarebbe stata vana, si offrirono di pagare la “Gizyah” (tributo che permetteva ai vinti di mantenere qualche minimo di libertà tra cui, quella di culto), ma l’Emiro Arabo non acconsentì e ordinò loro di abbandonare la fortezza che poi smantellò il più possibile.
Tuttavia si può ritenere che lo smantellamento del 902 non fu assoluto, ma probabilmente fu concesso ai Romettesi che si erano arresi senza opporre resistenza, di pagare il tributo. Solo così si può spiegare il perché la chiesa di S.Salvatore non fu, al pari di tante altre, smantellata e adibita a moschea, ma fu lasciata al culto cristiano, e ancora perché nel 962 ricompare Rometta come città che, insieme a Taormina, insorge contro l’oppressore Arabo.
Infatti fonti arabe, riportate dall’Amari ci riferiscono che sul finire del 962 , Rometta insorse contro la tirannia musulmana.
Le cause di questo gesto possono essere molteplici, ma certamente l’insofferenza per i gravosi tributi, unito alla diversa ideologia e modo di vivere degli islamici hanno giocato un ruolo importante.
Il 24 agosto del 963 giungeva da Palermo l’Emiro Rapsan ibn-Ammar alla testa di numerosi armati per ristabilire la propria autorità nella città insorta. Dopo vari assalti regolarmente respinti dai Romettesi, l’Emiro decise di prendere la città per fame facendo costruire, non molto lontano da essa un castello per sé, e casupole per i soldati, dove mettersi al riparo dai rigori della stagione fredda. L’assedio durò per tutto l’inverno la primavera a l’estate successiva.
Intanto l’imperatore di Bisanzio Nicefore Foca a cui i Romettesi avevano chiesto aiuto, era intenzionato a intervenire militarmente per riconquistare la Sicilia, ed inviò nell’isola un numeroso numero di soldati, al comando dei quali vi erano due condottieri, Nicete per la flotta e Emanule per l’esercito.
Il 21 ottobre del 964, l’esercito bizantino sbarcò a Messina. Occupata la città, l’esercito guidato dal suo condottiero si avviò velocemente verso la fortezza di Rometta dove ad attenderlo vi era l’esercito arabo che lasciato uno parte di esso a vigilare la città si diresse contro Manuele.
Era la notte fra il 24 e il 25 ottobre del 964, l’esercito arabo preso posto in delle gole che portavano a Rometta aspettavano i Bizantini per porgegli un’imboscata. I liberatori attaccarono con impeto i Saraceni che sbarravano la stretta gola. Però ben presto sotto il tiro delle macchine da guerra bizantine, gli Arabi furono costretti a ritirarsi nella vallata e lasciarono così libera la gola. A questo punto Hassan (il condottiero arabo) secondo il Sanfilippo visto l’andamento negativo della battaglia gridando”Oh Allah, se m’abbandonano i tuoi figli, non mi lasciar tu” si gettò nella mischia seguito dal suo esercito, uccidendo così Emanuele Foca e sconfiggendo l’esercito nemico.
I bizantini, senza più duce, indietreggiarono ed infine si sbandarono. Ma la malasorte si accanì ancora con gli sbandati Greci: un grosso nuvolone grigio oscurò quei monti impervi e lampi e tuoni buttarono lo scompiglio sopra i fuggitivi che non conoscevano quei luoghi. In tanta confusione lo squadrone imperiale, lanciantosi al galoppo, precipitò in una larga fossa e in poco tempo fu tutta piena di uomini e cavalli, e i vincitori vi passarono sopra al trionfanti.
Diecimila cristiani furono uccisi, molti fatti prigionieri, pochissimi riuscirono a fuggire.
Intanto Rometta continuò a resistere malgrado la mancanza di cibo, tanto da essere costretta a mandare fuori dalle proprie mura mille bocche inutili, costituite da donne e fanciulli. Hassan, invece di respingere quella gente nella fortezza per conquistarla prima, li catturò e inviò a Palermo, infine il 4 maggio del 965, preparate le scale il condottiero arabo ordinò ai suoi uomini l’assalto conquistando la fortezza e passando alle spade i prodi cittadini.
Dopo un anno e mezzo, Hassan andò via dalla roccaforte lasciando in essa una guarnigione di soldati ed alcuni abitatori musulmani. Ed è proprio a questa popolazione rurale del romettese che i Musulmani permisero di pagare la “Gizyah”, permettendogli la continuità della religione cristiana nel Romettese.
La città fu chiamata dai musulmani, Ramtah, e nella ripartizione amministrativa della Sicilia, fece parte del territorio della Val Dèmona.
Inoltre nel 968, in seguito a contrasti fra l’emiro siciliano e il califfo Fatimita (il califfo è il titolo di supremo potestà religioso e temporale ovvero una sorta di papa della religione islamica), Ramtah e Taormina furono distrutte e date alle fiamme. Nove anni dopo, nel 976, Abu-Al-Quasim, ricostruiva nuovamente la città di Ramtah e dava quartiere ad un presidio comandato da uno schiavo negro. Questa nuova Ramtah, abitata dai musulmani e cristiani, divenne il punto strategico delle operazioni militari degli Arabi nella Sicilia nord-orientale, essa infatti era stata, secondo l’Amari, cinta di un robusto muro merlato; inoltre fu costruito una torre vicino alla porta Milazzo. La ragione per cui Rometta era stata fortemente munita dipendeva dal fatto che essa controllava il passo che univa Messina alla strada lungo la costa settentrionale che conduceva a Palermo.
Nell’estate del 1038, l’imperatore bizantino approfittando delle discordie sorte tra i capi Arabi della Sicilia, inviò nell’isola un potente esercito affidato al generale Giorgio Maniace. Verso la fine dell’estate di quell’anno, l’esercito greco sbarcò in Sicilia travolgendo i Saraceni. Messina dopo pochi giorni fu conquistata, da lì Maniace si diresse verso Rometta dove si ebbe ancora una volta una cruenta battaglia fra i Bizantini (o i Rum, come li chiamavano gli arabi), e i Saraceni. Qui il Maniace ebbe la rivincita sui nemici riuscendo a sconfiggerli e a conquistare Rometta pur con il prezzo di una elevata quantità di vittime. Da qui inoltre Maniace proseguì verso la Sicilia Occidentale e proprio quando mancava poco alla sua riconquista, egli fu improvvisamente, per ordine della corte, condotto a Costantinopoli ed arrestato.
Da lì a poco tempo l’incapacità del suo successore fece si che la Sicilia tornasse, se pur per poco, in mano araba.
Tuttavia sono tante le cose che i nostri predecessori Arabi ci hanno lasciato e trasmesso:
? in campo agricolo, per esempio, con l’introduzione di moderni sistemi di irrigazione e canalizzazione delle acque, il frazionamento del latifondo in un paese che ne era afflitto da secoli, con la disastrosa conseguenza della mancata possibilità di colture intensive, realizzate, invece, dagli Arabi su vasta scala. Si deve agli Arabi la coltivazione degli agrumi: limoni ed aranci amari, quella del cotone, dei pistacchi , dei meloni e del gelso.
? In campo industriale e scientifico si ebbe, lo sviluppo dell’industria serica, l’estrazione del ferro nelle montagne vicino Messina, quella dello zolfo, l’introduzione del sistema decimale con l’aggiunta dello zero, ecc...
? Le voci lasciate dagli Arabi nel dialetto siciliano, che si riferiscono per la maggior parte all’agricoltura, alle industrie, ai vestiti, ai cibi e a qualche istituzione urbana, ad esempio “bbalata” che significa lastra di pietra di marmo (arabo = Blath), “calia” che significa ceci abbrustoliti (arabo = qalà), “cuttuni” che è il cotone (arabo = qùtun), “gebbia” che significa grande vasca (arabo = gèbiya), “zicca” che è la zecca (arabo = zicca) e tanti altre comunemente usati sia nel dialetto siciliano che nella lingua italiana.

3. Dai Normanni ai giorni nostri

Nel Febbraio del 1060, il conte Ruggero, sottratta col fratello la Calabria ai Bizantini, partì da Reggio con circa 600 cavalieri limitandosi ad esplorare Milazzo e Rometta (le due difese estreme di Messina), dopo di che rientrò in Calabria dove un anno dopo alla testa di 700 soldati mosse all’assalto di Messina che conquistò.
A quel punto lasciato un drappello di soldati alla custodia della città appena vinta, si diresse verso Rometta, i cui cittadini lo accolsero trionfalmente come liberatore.
In questa impresa i Normanni vennero aiutati da Ibn ath-Tumna, emiro della Sicilia occidentale, il quale si presentò personalmente da Ruggero offrendogli il proprio aiuto per conquistare tutta la Sicilia, purchè fosse riuscito a liquidare il proprio nemico Ibn al-Hawwàs, emiro della Sicilia orientale.
Ritornando a Rometta, è doveroso dire che, da quanto dice l’Amari, sembra che il condottiero arabo di stanza nella città fortezza venne a patti con Ibn ath-Tumna e pertanto all’arrivo dei Normanni si inchinò al loro volere consegnando loro le chiavi della città.
Gli stessi musulmani della città, vista la loro resa, furono privilegiati, ottenendo dai vincitori la possibilità di pagare “l’aman”.
L’aman era una tassa speciale, pagata da chi voleva sottrarsi al saccheggio dei conquistatori.
Con la conquista di Rometta, Ruggero aveva praticamente tutta la piana di Milazzo nella sue  mani, e da qui, dopo circa un trentennio di guerre e battaglie conquistatrici, venne in possesso di tutta la Sicilia tanto da essere nel 1091 nominato dal papa Urbano II, Gran Conte di Sicilia.
Per quanto riguarda il profilo politico-amministrativo la situazione di Rometta non è sempre molto lineare, molte notizie si possono trarre più che per espliciti riferimenti, per deduzioni indirette.
Lo storico Amico fa menzione di un privilegio concesso dal Gran Conte di Sicilia nel 1082, senza specificare di che natura.
Partendo da questa informazione e attraverso vari documenti e diplomi, come quello del 1145 nel quale Ruggero II concesse al monastero di San Filippo Grande uso di pascolo e libero accesso in tutto il distretto di Messina, Rometta e Milazzo, e in tempo di ghiande sui monti, il permesso di pascere i maiali dello stesso monastero nel territorio di Rometta,  si può capire come il sovrano avesse il diritto di disporre liberamente delle terre di Rometta e che queste appartenevano alla corona.
Tuttavia, la lettura di un documento di epoca successiva, ha fatto sorgere qualche dubbio che Rometta fosse nel periodo Normanno città Regia. Infatti, questo documento è un diploma del 1210 con il quale Federico II di Svevia concede e “conferma” al monastero di Santa Maria di Messina alcune donazioni che sarebbero state fatte dai suoi predecessori, e tra queste si menziona Rometta. Si può comunque ritenere che Federico ancora in tenera età (sotto la tutela di Innocenzo III) concedesse questo privilegio sotto le pressioni dell’allora Badessa di Messina, anche perché in tale documento non si fa assolutamente nessuna menzione di eventuali documenti precedenti, cosa che in genere si usava fare quando si confermava un  qualche privilegio.
Inoltre sembra, da quanto scrive lo storico Rocco Pirro, che il gran Conte fondò un monastero di donne intitolato al S. Salvatore al quale concesse una preziosa reliquia consistente nel braccio di S. Giorgio custodita in un ornatissimo reliquiario d’argento (nel tesoro della chiesa esiste un braccio d’argento che però è da escludersi risalente al periodo normanno).
Questo convento, che certamente è il più antico di Rometta, si dice che all’origine fosse di culto Bizantino, sottoposto all’Abbazia di San Gregorio di Gesso, e che in un secondo momento adottò la regola benedettina. Successivamente cambiò il titolo in quello di Vergine Annunziata e si trovava nel rione Rocche, dove in seguito alla legge del 1866 fu soppresso e i suoi locali furono utilizzati per ospitare l’ospedale S. Spirito, infine nella prima metà del XX secolo venne smantellato per costruire le scuole elementari.
Intanto alla morte del Gran Conte Ruggero succedette al trono il figlio Guglielmo I, soprannominato “il malo”, alla cui morte subentrò il figlio Guglielmo II detto “il buono”.
Dal punto di vista militare, nel frattempo, Rometta continuava a recitare un ruolo da protagonista, tant’è che nel 1168 i Messinesi si ribellarono ai Normanni e, per fortificarsi in un luogo sicuro corruppero il prefetto, ed entrarono a Rometta.
Questo ci lascia immaginare quanto importante militarmente potesse essere Rometta.
Morto Guglielmo il buono nel 1189 senza alcun erede, la Sicilia passò dal dominio dei Normanni a quello degli Svevi, poiché Costanza D’Altavilla, figlia postuma del Re Ruggero II, aveva sposato Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa.
Morto nel 1197, Enrico VI lasciava tutti i suoi domini al giovane fanciullo Federico II, sotto la tutela della madre Costanza la quale, morta un anno dopo, dichiarò reggente del regno e tutore del nuovo re, il papa Innocenzo III.
Otto anni dopo, e precisamente all’età di 14 anni, Federico II veniva incoronato re di Sicilia. In quel periodo Rometta venne ulteriormente fortificata e la tradizione vuole che, per volere di Federico II, venisse eretto il palatium di cui tutt’oggi si possono ammirare i ruderi, ed addirittura vi dimorò per diverso tempo quando a Palermo scoppiò una terribile pestilenza.
Nel 1750 lo storico Amico lo descriveva come un palazzo di non comune magnificenza, caratterizzato da ampie sale e da una amplissima cisterna, a cui attingevano quasi tutti i cittadini, e che tuttora esiste ed è visitabile.
Inoltre come detto prima, non è da dimenticare che nel periodo Svevo, Rometta passa nelle mani delle suore di S. Maria di Messina, perdendo se pur per poco la propria autonomia. Infatti, fra gli anni 1273 e 1277, Rometta appare nei registi Angioini come città tributaria e quindi appartenente alla corona.
Le successive notizie di Rometta risalgono al periodo Aragonese, quando nel dicembre del 1282 il sovrano Pietro d’Aragona, conferma i magistrati eletti anche per i suoi casali.
Altri documenti risalgono all’anno 1283, nei quali Rometta fornisce sei arcieri all’esercito aragonese in guerra con gli angioini, e contribuisce attraverso il pagamento di tributi, alle spese di guerra e al mantenimento della corte. Infatti per gli Angioini la Sicilia era solamente un feudo da sfruttare e da governare con cinismo e crudeltà, essendo i siciliani colpevoli di avere aiutato in tutti i modi gli Svevi durante le guerre di conquista.
Basti pensare che vigeva una sorta di legge della prima notte, per la quale ogni siciliano doveva affidare nella prima notte di matrimonio, la propria moglie ad un soldato francese, se di ceto popolare, al capitano se di nobile famiglia.
Fu per questi e per tanti altri motivi che il 30 marzo 1282 a Palermo scoppiò la rivolta del vespro.
La scintilla che provocò la sommossa fu il gesto irriverente di un soldato francese che perquisì una donna  sul piazzale  della chiesa di S. Spirito a Palermo all’ora dei vespri del lunedì di Pasqua. Dopo la rivolta le città della Sicilia si proclamarono “liberi comuni” stretti in una federazione, una sorta di stato autonomo repubblicano. Ogni città era una Universitas, in grado di eleggere il proprio capitano del popolo (carica simile all’attuale sindaco) ed i giudici (simili ai nostri consiglieri). Ma questo tentativo di autonomia fallì immediatamente, tant’è che i Siciliani furono costretti a chiedere aiuto a Pietro III d’Aragona che, nel settembre del 1282, fu incoronato con il titolo di re di Trinacria.
In tutte queste vicende, come accennato prima, Rometta recita un ruolo da protagonista, infatti il 13 ottobre del 1323 Federico II, figlio minore di Pietro III d’Aragona, concesse le stesse immunità e gli stessi privilegi di Messina ovvero, “assegna per ora e per sempre la città al regio demanio, senza che possa mai essere ceduta in baronia”.
Questo documento in particolare, proprio di recente è tornato nelle mani di Rometta, e si sta cercando di tradurlo per scoprire se vi sono altre informazioni relative alla storia di Rometta in questo periodo.
A partire dalla seconda metà del XIV secolo, i Romettesi vissero, come gran parte degli altri siciliani, gli orrori dell’oppressione e delle guerre di famiglia fra i baroni, e di questi contro i sovrani aragonesi che si dimostrarono inadatti al comando.
I baroni erano schierati in due partiti principali: quello “catalano”, composto dai signori venuti dalla Spagna o creati dai nuovi sovrani aragonesi, quali i Cabrera, i Moncata, i Peralta, i Giunta, i Pollicino, gli Spatafora e tanti altri guidati dalla famiglia degli Alagona; e quello “latino” formato dai discendenti dei baroni Normanni e Svevi, quali i Lanza, i Parisi, i Montalto, gli Abate, i Rosso capitanati dalla potente famiglia dei Chiaromonti. Le opposte fazioni si scontravano in vere e proprie battaglie caratterizzate da continui tradimenti e inganni. Queste continue lotte baronali costrinsero il sovrano a continue e alterne concessioni di feudi, ed uno di questi risultò essere proprio Rometta. Infatti  nel 1373 venne affidata a Guglielmo Rosso la capitania di Rometta, venendo così a cadere il diritto di eleggersi il proprio capitano, concesso un trentennio  prima da Federico II d’Aragona. Tuttavia quattro anni dopo, nel 1377, Rometta passo nelle mani di Artale Alagona, leader della fazione catalana rimanendovi fino al 1392, anno in cui il re Martino I, riuscendo a sottomettere i baroni ribelli, instaurò il potere monarchico, tant’è che nello stesso anno risultò feudo del nobile catalano, Pedro Fonollet. Nel marzo del 1393, al Fonollet vennero assegnate 4000 onze in cambio della restituzione di Paternò e Rometta, e nel mese di aprile dello stesso anno il duca Montblanc nominò Angelo De Balsamo capitano di Rometta.
Questa condizione di città libera rimase, come attestato da vari documenti, fino al 1408, per essere ribadita nel 1488 da Ferdinando il Cattolico richiamando il privilegio di Federico del 1323.
Dal XIV al XVII secolo Rometta godette dei benefici derivanti dal progresso economico e sociale che caratterizzava Messina in quegli anni, come importante centro commerciale ed industriale.  Infatti, la città dello stretto nel 1591 aveva ottenuto dal sovrano che tutta la seta esportata dalla Sicilia, dovesse passare esclusivamente per il proprio porto. Questa particolare situazione che si era venuta a creare favorì di riflesso Rometta che, non dimentichiamo, rappresentava una delle zone di passaggio per l’accesso all’entroterra siciliano.
Inoltre da ricerche condotte nel fondo notarile dell’Archivio di stato di Messina è emersa una relazione dettagliata di lavori di consolidamento delle mura della città ad opera dell’ingegnere Ferramolino. Questo ci fa capire che Rometta, malgrado il trascorrere del tempo continuava ad essere sempre un importante fortezza militare da difendere e curare. Essa infatti giocò negli anni successivi un ruolo importante nella rivolta antispagnola.
I privilegi concessi a Messina non potevano certamente durare in eterno, e gli Spagnoli per paura di sommosse da parte delle altre città, di Palermo in particolare, cercarono di risolvere in qualche modo la situazione inviando a Messina un supremo magistrato, nominato direttamente dal re di Spagna.
Questi non fece altro che dividere il popolo messinese in due fazioni: quella dei “Merri”, composta dai ceti popolari, e quella dei “Marvizzi”, composta dagli aristocratici.
Questa rivalità sfociò, come ovvio, in numerosi scontri fino a che i “Marvizzi” messisi a capo di una folla agitatissima cinsero d’assedio il palazzo reale e, conquistata la città, trucidarono gran parte dei “Merri” che, per scappare dalla morte sicura, si rifugiarono a Rometta. Ma essi vennero raggiunti e fatti fuori, a questo punto i ribelli alleatisi con Rometta, furono attaccati dagli spagnoli, che cercarono di placare la rivolta attaccando la città fortezza.
I due eserciti si scontrarono, ed ebbe la meglio quello romettese – messinese.
Tuttavia, capita l’impossibilità di condurre da soli una guerra contro i più forti nemici Spagnoli, chiese aiuto alla Francia, di essi da sempre acerrima nemica. A questa rivolta antispagnola si unirono altre città della Sicilia Orientale, ma quattro anni dopo i Francesi firmarono con gli Spagnoli la pace di Nimega, con la quale essi si impegnavano a ritirare le truppe da Messina, che ritornata agli Spagnoli fu vittima della loro vendetta.
Malgrado l’evolversi di queste vicende, si può supporre che Rometta, fra il XVI e XVII secolo, raggiunse il periodo di maggiore splendore.
Numerose erano infatti le famiglie nobili di origine locale quali: gli Ardizzone, i  Gazzara, i Lombardo, i Violato, ed altre arrivate intorno all’inizio del Seicento, come i Bosurgi (dalla Calabria) gli Orioles (di origine catalana). E’ stato infatti tra il XVII e il XIX secolo che nella città fortezza prosperavano le industrie della seta e della polvere da sparo.
Per quanto riguarda il profilo amministrativo, sembrerebbe che la cittadina rimase dal XVI secolo definitivamente città demaniale. In particolare, si narra che essendo la Spagna impegnata nelle continue lotte con la Francia, il re per continuare questa costosissima guerra, dovette chiedere dei prestiti al ricchissimo Marchese di Rocca Pietro Valdina, concedendogli in cambio il permesso di poter assoggettare Rometta. I propri cittadini, venuti a conoscenza di questo, chiusero le porte e lo costrinsero a tornare indietro, sotto la minaccia delle armi. A questo punto raccolta la somma pagata al re dal Valdina, riscattarono la loro libertà. Intanto nel 1693 un terribile sisma colpì la Sicilia, e a Rometta in particolare sembra siano andati distrutti il campanile e una parte del Palatium.  Ancora più gravi furono purtroppo i danni del terremoto avutosi circa un centinaio di anni dopo, ovvero nel 1783, come diversi autori affermano.
Nel 1819 Rometta divenne capoluogo di circondario, sotto la cui giurisdizione furono posti i territori dei comuni di Rocca, Saponara, Venetico, Valdina e S.Martino e fu proprio in quegli anni che vennero istituiti: la Pretura, l’ufficio del Registro e  del Bollo.
Intanto, nel 1825 incominciarono i lavori per la costruzione della litoranea Messina–Palermo, aperta nel 1833, sulla quale si sviluppa Spadafora, che negli anni successivi (precisamente 1855, 1863, 1890, 1908 e 1935) chiese di divenire essa stessa  sede di circondario a spese di Rometta, fallendo ogni volta.
Dopo il 1860 Rometta da capoluogo di Circondario passò a capoluogo di Mandamento (solo un cambiamento di denominazione).
Nel nostro secolo infine, Rometta fu colpita da un potente sisma nel 1908 che distrusse gran parte della cittadina, comprese numerose chiese (se ne contavano circa 19) ed edifici pubblici e privati.
Da allora fino ad oggi, Rometta vive le contraddizioni di un centro caratterizzato da due grossi insediamenti urbani: quello collinare, ricco di storia ma poco curato, e quindi soggetto ad uno spopolamento continuo e costante, e quello marino che negli ultimi anni ha avuto un enorme incremento della popolazione che, unito ad uno scellerato abusivismo edilizio, ha caratterizzato negli anni passati  questo centro.