Nel Febbraio del 1060, il
conte Ruggero, sottratta col fratello la Calabria ai Bizantini, partì
da Reggio con circa 600 cavalieri limitandosi ad esplorare Milazzo e
Rometta (le due difese estreme di Messina), dopo di che rientrò in
Calabria dove un anno dopo alla testa di 700 soldati mosse
all’assalto di Messina che conquistò.
A quel punto lasciato un drappello di soldati
alla custodia della città appena vinta, si diresse verso Rometta, i
cui cittadini lo accolsero trionfalmente come liberatore.
In questa impresa i Normanni vennero aiutati da
Ibn ath-Tumna, emiro della Sicilia occidentale, il quale si presentò
personalmente da Ruggero offrendogli il proprio aiuto per conquistare
tutta la Sicilia, purchè fosse riuscito a liquidare il proprio nemico
Ibn al-Hawwàs, emiro della Sicilia orientale.
Ritornando a Rometta, è doveroso dire che, da
quanto dice l’Amari, sembra che il condottiero arabo di stanza nella
città fortezza venne a patti con Ibn ath-Tumna e pertanto
all’arrivo dei Normanni si inchinò al loro volere consegnando loro
le chiavi della città.
Gli stessi musulmani della città, vista la loro
resa, furono privilegiati, ottenendo dai vincitori la possibilità di
pagare “l’aman”.
L’aman era una tassa speciale, pagata da chi
voleva sottrarsi al saccheggio dei conquistatori.
Con la conquista di Rometta, Ruggero aveva
praticamente tutta la piana di Milazzo nella sue mani, e da qui,
dopo circa un trentennio di guerre e battaglie conquistatrici, venne
in possesso di tutta la Sicilia tanto da essere nel 1091 nominato dal
papa Urbano II, Gran Conte di Sicilia.
Per quanto riguarda il profilo
politico-amministrativo la situazione di Rometta non è sempre molto
lineare, molte notizie si possono trarre più che per espliciti
riferimenti, per deduzioni indirette.
Lo storico Amico fa menzione di un privilegio
concesso dal Gran Conte di Sicilia nel 1082, senza specificare di che
natura.
Partendo da questa informazione e attraverso
vari documenti e diplomi, come quello del 1145 nel quale Ruggero II
concesse al monastero di San Filippo Grande uso di pascolo e libero
accesso in tutto il distretto di Messina, Rometta e Milazzo, e in
tempo di ghiande sui monti, il permesso di pascere i maiali dello
stesso monastero nel territorio di Rometta, si può capire come
il sovrano avesse il diritto di disporre liberamente delle terre di
Rometta e che queste appartenevano alla corona.
Tuttavia, la lettura di un documento di epoca
successiva, ha fatto sorgere qualche dubbio che Rometta fosse nel
periodo Normanno città Regia. Infatti, questo documento è un diploma
del 1210 con il quale Federico II di Svevia concede e “conferma”
al monastero di Santa Maria di Messina alcune donazioni che sarebbero
state fatte dai suoi predecessori, e tra queste si menziona Rometta.
Si può comunque ritenere che Federico ancora in tenera età (sotto la
tutela di Innocenzo III) concedesse questo privilegio sotto le
pressioni dell’allora Badessa di Messina, anche perché in tale
documento non si fa assolutamente nessuna menzione di eventuali
documenti precedenti, cosa che in genere si usava fare quando si
confermava un qualche privilegio.
Inoltre sembra, da quanto scrive lo storico
Rocco Pirro, che il gran Conte fondò un monastero di donne intitolato
al S. Salvatore al quale concesse una preziosa reliquia consistente
nel braccio di S. Giorgio custodita in un ornatissimo reliquiario
d’argento (nel tesoro della chiesa esiste un braccio d’argento che
però è da escludersi risalente al periodo normanno).
Questo convento, che certamente è il più
antico di Rometta, si dice che all’origine fosse di culto Bizantino,
sottoposto all’Abbazia di San Gregorio di Gesso, e che in un secondo
momento adottò la regola benedettina. Successivamente cambiò il
titolo in quello di Vergine Annunziata e si trovava nel rione Rocche,
dove in seguito alla legge del 1866 fu soppresso e i suoi locali
furono utilizzati per ospitare l’ospedale S. Spirito, infine nella
prima metà del XX secolo venne smantellato per costruire le scuole
elementari.
Intanto alla morte del Gran Conte Ruggero
succedette al trono il figlio Guglielmo I, soprannominato “il
malo”, alla cui morte subentrò il figlio Guglielmo II detto “il
buono”.
Dal punto di vista militare, nel frattempo,
Rometta continuava a recitare un ruolo da protagonista, tant’è che
nel 1168 i Messinesi si ribellarono ai Normanni e, per fortificarsi in
un luogo sicuro corruppero il prefetto, ed entrarono a Rometta.
Questo ci lascia immaginare quanto importante
militarmente potesse essere Rometta.
Morto Guglielmo il buono nel 1189 senza alcun
erede, la Sicilia passò dal dominio dei Normanni a quello degli
Svevi, poiché Costanza D’Altavilla, figlia postuma del Re Ruggero
II, aveva sposato Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa.
Morto nel 1197, Enrico VI lasciava tutti i suoi
domini al giovane fanciullo Federico II, sotto la tutela della madre
Costanza la quale, morta un anno dopo, dichiarò reggente del regno e
tutore del nuovo re, il papa Innocenzo III.
Otto anni dopo, e precisamente all’età di 14
anni, Federico II veniva incoronato re di Sicilia. In quel periodo
Rometta venne ulteriormente fortificata e la tradizione vuole che, per
volere di Federico II, venisse eretto il palatium di cui tutt’oggi
si possono ammirare i ruderi, ed addirittura vi dimorò per diverso
tempo quando a Palermo scoppiò una terribile pestilenza.
Nel 1750 lo storico Amico lo descriveva come un
palazzo di non comune magnificenza, caratterizzato da ampie sale e da
una amplissima cisterna, a cui attingevano quasi tutti i cittadini, e
che tuttora esiste ed è visitabile.
Inoltre come detto prima, non è da dimenticare
che nel periodo Svevo, Rometta passa nelle mani delle suore di S.
Maria di Messina, perdendo se pur per poco la propria autonomia.
Infatti, fra gli anni 1273 e 1277, Rometta appare nei registi Angioini
come città tributaria e quindi appartenente alla corona.
Le successive notizie di Rometta risalgono al
periodo Aragonese, quando nel dicembre del 1282 il sovrano Pietro
d’Aragona, conferma i magistrati eletti anche per i suoi casali.
Altri documenti risalgono all’anno 1283, nei
quali Rometta fornisce sei arcieri all’esercito aragonese in guerra
con gli angioini, e contribuisce attraverso il pagamento di tributi,
alle spese di guerra e al mantenimento della corte. Infatti per gli
Angioini la Sicilia era solamente un feudo da sfruttare e da governare
con cinismo e crudeltà, essendo i siciliani colpevoli di avere
aiutato in tutti i modi gli Svevi durante le guerre di conquista.
Basti pensare che vigeva una sorta di legge
della prima notte, per la quale ogni siciliano doveva affidare nella
prima notte di matrimonio, la propria moglie ad un soldato francese,
se di ceto popolare, al capitano se di nobile famiglia.
Fu per questi e per tanti altri motivi che il 30
marzo 1282 a Palermo scoppiò la rivolta del vespro.
La scintilla che provocò la sommossa fu il
gesto irriverente di un soldato francese che perquisì una donna
sul piazzale della chiesa di S. Spirito a Palermo all’ora dei
vespri del lunedì di Pasqua. Dopo la rivolta le città della Sicilia
si proclamarono “liberi comuni” stretti in una federazione, una
sorta di stato autonomo repubblicano. Ogni città era una Universitas,
in grado di eleggere il proprio capitano del popolo (carica simile
all’attuale sindaco) ed i giudici (simili ai nostri consiglieri). Ma
questo tentativo di autonomia fallì immediatamente, tant’è che i
Siciliani furono costretti a chiedere aiuto a Pietro III d’Aragona
che, nel settembre del 1282, fu incoronato con il titolo di re di
Trinacria.
In tutte queste vicende, come accennato prima,
Rometta recita un ruolo da protagonista, infatti il 13 ottobre del
1323 Federico II, figlio minore di Pietro III d’Aragona, concesse le
stesse immunità e gli stessi privilegi di Messina ovvero, “assegna
per ora e per sempre la città al regio demanio, senza che possa mai
essere ceduta in baronia”.
Questo documento in particolare, proprio di
recente è tornato nelle mani di Rometta, e si sta cercando di
tradurlo per scoprire se vi sono altre informazioni relative alla
storia di Rometta in questo periodo.
A partire dalla seconda metà del XIV secolo, i
Romettesi vissero, come gran parte degli altri siciliani, gli orrori
dell’oppressione e delle guerre di famiglia fra i baroni, e di
questi contro i sovrani aragonesi che si dimostrarono inadatti al
comando.
I baroni erano schierati in due partiti
principali: quello “catalano”, composto dai signori venuti dalla
Spagna o creati dai nuovi sovrani aragonesi, quali i Cabrera, i
Moncata, i Peralta, i Giunta, i Pollicino, gli Spatafora e tanti altri
guidati dalla famiglia degli Alagona; e quello “latino” formato
dai discendenti dei baroni Normanni e Svevi, quali i Lanza, i Parisi,
i Montalto, gli Abate, i Rosso capitanati dalla potente famiglia dei
Chiaromonti. Le opposte fazioni si scontravano in vere e proprie
battaglie caratterizzate da continui tradimenti e inganni. Queste
continue lotte baronali costrinsero il sovrano a continue e alterne
concessioni di feudi, ed uno di questi risultò essere proprio
Rometta. Infatti nel 1373 venne affidata a Guglielmo Rosso la
capitania di Rometta, venendo così a cadere il diritto di eleggersi
il proprio capitano, concesso un trentennio prima da Federico II
d’Aragona. Tuttavia quattro anni dopo, nel 1377, Rometta passo nelle
mani di Artale Alagona, leader della fazione catalana rimanendovi fino
al 1392, anno in cui il re Martino I, riuscendo a sottomettere i
baroni ribelli, instaurò il potere monarchico, tant’è che nello
stesso anno risultò feudo del nobile catalano, Pedro Fonollet. Nel
marzo del 1393, al Fonollet vennero assegnate 4000 onze in cambio
della restituzione di Paternò e Rometta, e nel mese di aprile dello
stesso anno il duca Montblanc nominò Angelo De Balsamo capitano di
Rometta.
Questa condizione di città libera rimase, come
attestato da vari documenti, fino al 1408, per essere ribadita nel
1488 da Ferdinando il Cattolico richiamando il privilegio di Federico
del 1323.
Dal XIV al XVII secolo Rometta godette dei
benefici derivanti dal progresso economico e sociale che
caratterizzava Messina in quegli anni, come importante centro
commerciale ed industriale. Infatti, la città dello stretto nel
1591 aveva ottenuto dal sovrano che tutta la seta esportata dalla
Sicilia, dovesse passare esclusivamente per il proprio porto. Questa
particolare situazione che si era venuta a creare favorì di riflesso
Rometta che, non dimentichiamo, rappresentava una delle zone di
passaggio per l’accesso all’entroterra siciliano.
Inoltre da ricerche condotte nel fondo notarile
dell’Archivio di stato di Messina è emersa una relazione
dettagliata di lavori di consolidamento delle mura della città ad
opera dell’ingegnere Ferramolino. Questo ci fa capire che Rometta,
malgrado il trascorrere del tempo continuava ad essere sempre un
importante fortezza militare da difendere e curare. Essa infatti giocò
negli anni successivi un ruolo importante nella rivolta antispagnola.
I privilegi concessi a Messina non potevano
certamente durare in eterno, e gli Spagnoli per paura di sommosse da
parte delle altre città, di Palermo in particolare, cercarono di
risolvere in qualche modo la situazione inviando a Messina un supremo
magistrato, nominato direttamente dal re di Spagna.
Questi non fece altro che dividere il popolo
messinese in due fazioni: quella dei “Merri”, composta dai ceti
popolari, e quella dei “Marvizzi”, composta dagli aristocratici.
Questa rivalità sfociò, come ovvio, in
numerosi scontri fino a che i “Marvizzi” messisi a capo di una
folla agitatissima cinsero d’assedio il palazzo reale e, conquistata
la città, trucidarono gran parte dei “Merri” che, per scappare
dalla morte sicura, si rifugiarono a Rometta. Ma essi vennero
raggiunti e fatti fuori, a questo punto i ribelli alleatisi con
Rometta, furono attaccati dagli spagnoli, che cercarono di placare la
rivolta attaccando la città fortezza.
I due eserciti si scontrarono, ed ebbe la meglio
quello romettese – messinese.
Tuttavia, capita l’impossibilità di condurre
da soli una guerra contro i più forti nemici Spagnoli, chiese aiuto
alla Francia, di essi da sempre acerrima nemica. A questa rivolta
antispagnola si unirono altre città della Sicilia Orientale, ma
quattro anni dopo i Francesi firmarono con gli Spagnoli la pace di
Nimega, con la quale essi si impegnavano a ritirare le truppe da
Messina, che ritornata agli Spagnoli fu vittima della loro vendetta.
Malgrado l’evolversi di queste vicende, si può
supporre che Rometta, fra il XVI e XVII secolo, raggiunse il periodo
di maggiore splendore.
Numerose erano infatti le famiglie nobili di
origine locale quali: gli Ardizzone, i Gazzara, i Lombardo, i
Violato, ed altre arrivate intorno all’inizio del Seicento, come i
Bosurgi (dalla Calabria) gli Orioles (di origine catalana). E’ stato
infatti tra il XVII e il XIX secolo che nella città fortezza
prosperavano le industrie della seta e della polvere da sparo.
Per quanto riguarda il profilo amministrativo,
sembrerebbe che la cittadina rimase dal XVI secolo definitivamente
città demaniale. In particolare, si narra che essendo la Spagna
impegnata nelle continue lotte con la Francia, il re per continuare
questa costosissima guerra, dovette chiedere dei prestiti al
ricchissimo Marchese di Rocca Pietro Valdina, concedendogli in cambio
il permesso di poter assoggettare Rometta. I propri cittadini, venuti
a conoscenza di questo, chiusero le porte e lo costrinsero a tornare
indietro, sotto la minaccia delle armi. A questo punto raccolta la
somma pagata al re dal Valdina, riscattarono la loro libertà. Intanto
nel 1693 un terribile sisma colpì la Sicilia, e a Rometta in
particolare sembra siano andati distrutti il campanile e una parte del
Palatium. Ancora più gravi furono purtroppo i danni del
terremoto avutosi circa un centinaio di anni dopo, ovvero nel 1783,
come diversi autori affermano.
Nel 1819 Rometta divenne capoluogo di
circondario, sotto la cui giurisdizione furono posti i territori dei
comuni di Rocca, Saponara, Venetico, Valdina e S.Martino e fu proprio
in quegli anni che vennero istituiti: la Pretura, l’ufficio del
Registro e del Bollo.
Intanto, nel 1825 incominciarono i lavori per la
costruzione della litoranea Messina–Palermo, aperta nel 1833, sulla
quale si sviluppa Spadafora, che negli anni successivi (precisamente
1855, 1863, 1890, 1908 e 1935) chiese di divenire essa stessa
sede di circondario a spese di Rometta, fallendo ogni volta.
Dopo il 1860 Rometta da capoluogo di Circondario
passò a capoluogo di Mandamento (solo un cambiamento di
denominazione).
Nel nostro secolo infine, Rometta fu colpita da
un potente sisma nel 1908 che distrusse gran parte della cittadina,
comprese numerose chiese (se ne contavano circa 19) ed edifici
pubblici e privati.
Da allora fino ad oggi, Rometta vive le
contraddizioni di un centro caratterizzato da due grossi insediamenti
urbani: quello collinare, ricco di storia ma poco curato, e quindi
soggetto ad uno spopolamento continuo e costante, e quello marino che
negli ultimi anni ha avuto un enorme incremento della popolazione che,
unito ad uno scellerato abusivismo edilizio, ha caratterizzato negli
anni passati questo centro.
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